3 Giugno 2012

Traverso da Santa Maria in Pantano al Monte Vettore e ritorno per la cresta del Torrone


L’escursione proposta è una classica del versante est del Vettore; classica per il fascino del percorso che tocca gli ambienti selvaggi dei vari ripidi fossi che scendono dal crestone del complesso Vettore/Torrone, e poco frequentata per il notevole dislivello che viene coperto in un relativo breve percorso. Da evitare nel periodo invernale per gli enormi rischi di valanghe, tipiche e frequenti di questi “imbuti”, inevitabili collettori di grosse masse nevose e comunque da consigliare ai soli escursionisti esperti non tanto per le quasi assenti difficoltà alpinistiche quanto per la lunghezza del percorso e soprattutto per il suo dislivello complessivo superiore ai 1500 metri.
La base di partenza è il borgo di Colle, nel territorio di Montegallo.
L’avvicinamento è estremamente semplice per chi lo raggiunge dalle provincie di Ascoli o Fermo, un po’ più complesso per chi come noi lo raggiunge provenendo da Roma. Vale comunque la pena, il tempo perso per l’avvicinamento, l’escursione vale ogni sacrificio.
Da Roma percorrendo la Salaria, si devia ad Arquata del Tronto per Pretare / Forca di Presta; invece di continuare a salire per Forca, al primo incrocio si continua per Montegallo e poi Colle. Da dire che a Colle c’è una buona struttura per pernottare, il rifugio Sotto Vento di cui si parla nella sezione del sito dedicata.
La frazione di Colle è un minuscolo agglomerato di case, quasi unicamente composto dal complesso del rifugio Sotto Vento; a fronte dell’area picnic, siamo a 1030 mt di altezza, inizia un sentiero molto evidente e ben segnalato per Santa Maria in Pantano; a tratti ripido ma agevole da percorrere tra pietraie e prati, si inserisce per un breve tratto nel GAS (Grande anello dei Sibillini) e  in 20 minuti porta a quota 1180 metri nell’ampia radura della preziosa chiesetta del IX secolo. Peccato sia chiusa, all’interno so esserci importanti affreschi in buono stato.
E’ dal piazzale di Santa Maria in Pantano che inizia il sentiero 131; agevole, da prima carrareccia dove non è difficile scorgere tracce di 4x4 che ci si sono arrampicati, tra vari cambi di pendenza a tratti anche insistenti e ripidi conduce a quota 1380 mt dove sulla sinistra (versante montagna) si biforca un sentiero che è quello che conduce al Vettore.
Non è difficile scorgere la deviazione, un piccolo ometto con tanto di segnavia bianco rosso è ben evidente proprio all’inizi del sentiero, ma cosa ancora più evidente è che la carrareccia da lì in poi torna ad essere poco percorsa e colonizzata da vegetazione ed erba alta.
Il sentiero diventa ora un traverso più agevole, davanti, e diventerà costante per tutta la salita fino in cresta, l’enorme mole del Vettore con lo spigolo roccioso del Pizzo di Pretare che si spinge verso Est e i ripidi imbuti che contraddistinguono così marcatamente questo versante della montagna. Il sentiero è agile, in leggera costante pendenza, ben marcato segnato da segnavia abilmente distribuiti, fino alla fonte dei pastori a quota 1580 metri ultimo punto di rifornimento d’acqua.
Dalla fonte, il primo tratto di sentiero si perde nei folti prati che si attraversano; poche tracce di calpestio, conviene affidarsi all’esperienza tenendo come punto di riferimento le linee di quota che salgono verso lo sperone roccioso che si erge solitario dentro l’imbuto del Vettore e ai pochi ma bassi ometti (si perdono tra il folto dell’erba alta) disseminati qua e là.
Superato lo sbalzo erboso ed un ampio terrazzamento pieno zeppo di orapi, i famosi spinaci di montagna, si costeggia uno sperone sovrastati da larghe fasce rocciose e dal ripido versante che scende direttamente dalla cresta del Vettore.
Il sentiero da lì alla cresta è completamente scoperto e ben visibile; un lungo traverso che oltrepassa il fosso di Canale e che conduce ad un brusco e repentino cambio di pendenza proprio sotto lo sperone isolato a quota 2000. Un ripido sentiero distinto da frequenti cambi di direzione permettono di guadagnare questa quota in pochi minuti; quello che da lontano sembrava essere uno strappo da far paura si fa superare con disinvoltura.
Dalla prossimità del “sassone” ciò che rimane da percorrere fino alla cresta del Pizzo di Pretare è solo l’ennesimo lungo traverso ma questa volta all’interno dell’affascinante imbuto del fosso di Colleluce, che precipita verso la valle laggiù in fondo.
In cresta le pendenze diminuiscono e si tira il fiato; voltandosi indietro il panorama si fa imperioso, spazia fino al mare dominato dalle intricate e boscose colline del territorio sottostante e l’intero percorso fatto finora, da Colle con la piazzetta fino alla chiesa di Santa Maria in Pantano e più su per tutto il lungo traverso dell’immensa parete rappresentano una carta tridimensionale della giornata. Sopra, sull’orizzonte, la lunga cresta del Torrone che dovremo percorrere al ritorno e sullo sfondo l’ormai familiare sfregio della Sibilla. Davanti verso Sud, una volta usciti in cresta, si aprono i familiari profili della Laga fino a quelli più verticali del Gran Sasso.
E’cosa da poco raggiungere la vetta del Vettore continuando verso ovest per l’ampia cresta; sono passate 4 ore e mezza dalla partenza da Colle. Poche e brevissime le soste.
Il solito impagabile panorama dalla vetta ricaccia tutte le fatiche fin lì patite; la cresta ovest del Redentore è uno spettacolo sempre nuovo ed atteso, il lago di Pilato invece è già di esigue dimensioni e fa temere per la sua tenuta nella imminente stagione estiva.
Il tempo di una sosta per accontentare gli istinti primordiali e si è già per la via di ritorno, sull’affilata cresta verso il Torrone. Aerea, lunga, a tratti molto esile sempre bella da percorrere; veloci e divertiti filiamo verso il basso; volgendoci indietro sia io che Marina riviviamo i momenti di angoscia quando in altri tempi ci si trovava a percorrere gli stessi tratti ma in senso contrario in uno spigolo infinito che non finiva mai.
Alcuni passaggi divertenti su affilate esposizioni e su roccette  taglienti esigevano deviazioni rispetto al filo di cresta, nulla di complicato se non l’obbligo di prestare maggiore attenzione. La vetta del Torrone si confonde tra le tante anonime guglie sommitali; tutte le volte la si confonde con la più alta e accuminata quota 2317, in realtà è 200 metri più in basso molto vicina alla sella che la divide dal Sasso d’Andrè.
Scendiamo sulla sella erbosa, controvoglia siamo costretti a risalire le poche decine di metri del sasso per riguadagnare l’aereo sentiero.
Dalla vetta del Sasso d’Andrè domini il lago di Gerosa, placida e preziosa riserva d’acqua per i comuni della zona e tutta la valle fino alla nostra meta, Colle, ancora così profondo laggiù in basso. Ancora pochi passaggi di cesta, due vette da oltrepassare, meno evidenti e solo quote sulle carte per raggiungere la sella sotto il Monte Banditello.
Al suo centro esatto un ometto con tanto di segnavia contraddistingue l’inizio del sentiero 132; è poco evidente tra i prati rigogliosi, appena un filo di calpestio. Lo prendiamo verso est; in meno di un’ora riporta alla fonte dei pastori dove l’anello si chiude.
Dalla fonte il ritorno è per lo stesso sentiero dell’andata, ormai conosciuto; il Vettore è nel frattempo e come sempre ricoperto da una compatta nuvolaglia, non si è smentito e non è voluto essere da meno alla sua tradizione migliore nemmeno in questa splendida giornata primaverile.
Alle 16,45 raggiungiamo Colle stanchi dai 1500 metri di dislivello superati a dai 14 chilometri circa percorsi ma soddisfatti per aver colto una meravigliosa occasione per godersi una natura così superba fatta di valloni e di creste e cosa fin qui taciuta di una pressoché continua multicolore infiorata. Fiori di campo, genzianelle, genziane, anemoni e chissà quanti altri fiori che solo un esperto botanico riuscirebbe a catalogare ci hanno accompagnato e sorpreso per tutto il percorso. Ora erano i crampi della fame che si facevano sentire ma la fortuna era ancora dalla nostra parte; il rifugio Sottovento proprio a Colle, a pochi metri da dove avevamo parcheggiato ci ha placato con un abbondante antipasto all’italiana e con un gustosissimo quanto abbondantissimo piatto di fettuccine al sugo di papera. Non si è fatto nemmeno pregare l’oste, quasi ci stesse aspettando con la cucina pronta ; erano le cinque del pomeriggio. Impagabile e lodevole servizio quello proposto da questo rifugio.
Marina e Doriano